Ma 'l fovraftar nella prigion terrestra E più mi duol, che fien meco immortali ; Per lunga esperienzia omai, che 'l tempo 0000000000000000000 SONETTO LXVI. Per certa fimilitudine di Sagittario, e per le parole formali di Laura pofte dal Petrarca, e prima per arte, ed ora per vista, conofce il Petrarca effere fedito a morte. Per la qual cofa ancora dee fapere che per nuove fedite può tormentarlo, ma non ucciderlo più. Volendo tacitamente domandargli, che ceffi dal fedirlo più, poichè in ogni modo morrà. Si tofto, come avvien che l'arco fcocchi, Buon fagittario, di lontan difcerne, Qual colpo è da fprezzare, e qual d'averne Similemente il colpo de' voftr' occhi, E certo fon, che voi dicefte allora; Mifero amante! a che vaghezza il mena? Ora veggendo, come 'l duol m' affrena; SONETTO LXVII. Delibera di fuggire da Amore, e duolfi fi di non effere fuggito priConfortá gli altri a fuggire, ma prima che avvampino: che perchè egli scampi, non avviene però ciò ad ogn' uno. ma. oi che mia fpeme è lunga a venir troppo, E fuggo ancor così debile, e zoppo Dall' un de' lati, ove 'l defio m'ha ftorto; i Segni ch' io prefi all' amorofo intoppo. Ond' io configlio voi che fiete in via, Che perch' io viva; di mille un non scampa. E lei vid' io ferita in mezzo 1 core. 0000000000:0:000000000 SONETTO LXVIII. Narra a certe Donne come fuggi da Amore una volta; e poi, parte perchè gli difpiaceva la libertà, parte perchè Amore gli tefe infidie, fu imprigionato di nuovo; e che ora con gran fatica ne può fuggire. Fuggendo la prigione ov'Amor m' ebbe Diceami'l cor, che per sè non faprebbe Che più faggio di me ingannato avrebbe: Onde più volte fofpirando indietro, " Difli: Oime, il giogo, e le catene, e i ceppi ! Mifero me! che tardo il mio mal feppi: SONETTO LXIX. Era ftato detto al Petrarca, che la bellezza di Laura a certo tempo non meritava d'effere da lui amata così focofamente; perciocchè non era di quel fommo grado, che poteva effere. Il Petrarca dipinge quale ella foffe la prima volta, che la vide; e loda particolarmente i capelli, gli occhi, e 'l vifo, l'andare, e le parole; e generalmente affomigliandola ad uno Spirito Celefte, ed a un vivo Sole. Pofcia dice che però meno non arde, perchè ora non fia tale, come meno non è altri ferito, perchè dopo il colpo l'arco fi ftende. Erano i capei d'oro all' aura fparfi, Che 'n mille dolci nodi gli avvolgea: Di quei begli occhi ch' or ne fon sì fcarfi; E '1 vifo di pietofi color farfi, Non fo fe vero, o falfo mi parea: Non era l'andar fuo cofa mortale, Uno fpirto celefte, un vivo Sole Fu quel ch' i' vidi: e fe non foffe or tale; SONETTO LXX. Conforta chiechefra dopo la morte della fua Donna a rivolgerfi a Dio. Prima pruova dalla vita, che ella fia in Cielo, laddove il conforta che egli fi dirizzi, lafciando di vaneggiarle dietro; e fimilmente lasciando Paltre cure del Mondo; si perchè per l'efempio della morta Donna vede che fi muore; si perchè non ci rechiamo cola alcuna con effo noi di quefto Mondo. La La bella Donna che cotanto amavi, Subitamente s'è da noi partita; E, per quel ch' io ne fperi, al ciel falita; SONETTO LXXI. Per la morte di M. Cino da Piftoja invita a piangere tutti coloro, e quelle cofe che ne fentono danno; Donne, Amore, Amanti, tra quali riponé fe, le Rime, i Cittadini Pistolefi; e conforta il Ciel folo a rallegrarfi, dove è andato. Piangete, donne, e con voi pianga Amore; Piangete, amanti, per ciafcum paese; |