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Diva, ohime! del tuo sdegno al colmo giungi,
E la candida mano

Con breve spina d'un tuo verde stela
Nella rabbia ti pungi,

E lasci agli occhi ricaderti 'l velo!

Invida, forse udir non ami lodi

In tua presenza tributarsi al crine

E al sembiante di Fille e a' dolci medi ?
Ma che Fille di te più bella sia

lo poi non dissi alfine.

Deh! per Favonio tuo placati e m' odi
In pochi accenti ancora:

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Io ragion voglio all' innocenza mia,
E puoi tu stessa giudicarne, o Flora
Non sognai questa volta, e fu concorde
Col labbro il cor, la mente

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Nelle mie laudi e non me ne rimorde,
Nè il labbro, nè il pensier, nè il cor si pente.
A un maggior Nume tributai l'omaggio
Che vuolsi e, se mi rendo

Soggetto al tuo favor, Venere, offendo.

Di un Anonimo.

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"

Sui marmi di Antonio Canova, Versi (1).

Il nome di Canova, famoso e grande ovunque pervenne il grido delle belle arti, fu e sarà sempre il più vago e nɔ

(1) Quest' articolo ci è stato trasmesso da un elegante scrittore mostro corrispondente, e noi lo inseriamo con piacere nel nostro Giornale, benchè con mano troppo targa forse possano sembrar largite le lodi al sig. Missirini. Contemporaneamente ci è giunto da Roma un libro intitolato Monumenti di scrittura e di architettura, Sonetti di Melchior Missirini. Roma, De Romanis, 1818.Siccome l'autore di essi è il medesimo di che si parla nel presente articolo, così abbiam creduto bea fatto di qui riportare alquanti di questi sonetti che ci sono andati più a verso. Lo Spettatore.

Psiche, fanciulla che rappresenta l'anima nostra, opera del Canova.

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Creatura gentil, vaga Angioletta,

Che sei l'Immago dello Spirto umano
Tu quella sembri prima Figlia eletta,
Che del divino Fabbro, uscia di mano:
Puro è il bel velo, verèconda e schietta
L'aria del viso, e il guardo umile e piano,
E splendi'si fra noi cosa perfetta,
Che nulla hai di terrestre e di profano.
Mas di chi la soave álma sarai,

Se non di Lui, che largo ti comparte
Tanta dovizia di celesti rai ?

Altri il sembiante, e il crin con minor arte
Ritragga, Ei sol per via non tocca mai
Potea scolpir di sè la miglior parte.

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bile subbietto di poesia, per chi bramando seguire le luminose vestigia degli antichi, volge il suo canto a celebrare le subiimi geste degli eroi. Per gli Italiani poi è divenuto questo, e me ritamente, argomento di nazional compiacenza, di amor pa trio e di cittadinesco orgoglio. Tutti conoscono di che l'Italia vada debitrice a quest'uomo raro: tutti sanno quanta gloria si è per esso accresciuta alla nostra patria, che ferace di belli ingegni, dopo di aver emulato la Grecia nelle scienze e nelle lettere, non ha più da invidiarle sua mercè i bei tempi di Prassitele e di Fidia. Era dunque ben ragione che gl' Italiani celebrassero col cantoas

« Quel dell' Adria scultore sovrano

1

«Che vola al Ciel coll' ali dell'ingegno, »

La Beatrice di Dante, opera del Canova.

Donna gentile, Angelica Beltade:

Sorgi adunque a miglior vita, novella,
E vestita di Grazie e di Onestate
Di tue saute sembianze ai cor favella:
E se ne' carmi del famoso Vate

Splendesti un di qual mattutina stella,
Or salda ai colpi della tarda etate
In questo marmo nou sarci meu bella;
E forse il ciel c'invia da' suoi tesauri

Tal, che infiammato al tuo raggio pudico,
E vago di raccor non tocchi lauri,

In tanto lezzo a ogni beu far nemico

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L'italo ardire, e il buon sermon ristauri

E ritorni le Muse al seggio antico!

Fanciullo sedente, rappresentante S. Gio. Batista colla croce in mano,

T. X.

opera del Canova.

Fanciul che mostra all' angelico viso:
Quanta grazia e beltà dall' Arti uscio,
Scese Nunzio pur or dal Paradiso
Di Lui ch'è metà dell'uman desio::
Apre un soave suo gentil sorriso,

Che. l'aere allegra di splendor natio,'
E in mistico vessillo il guardo ha fiso,
Ove si degge: Ecco l'Agnel di Dio':
Già par che sciolga le celesti note,

E mostri da' begli occhi e dalla díva
Fronte gli arcani del pensier presago :
E ben, fin d'ora immaginar si puòte
Qual sarà un tempo del Giordano in riva,
Se tanto or può la pargoletta minago.

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e che tinge in oro il secol nostro di ferro. Pure fra le Al brizzi, i Duchi di Ventignano, i Marsuzi, i Giusti ed altri innumerevoli scrittori e poeti che cantarono le lodi del Fidia italiano, conspicuo luogo ha il sig. Melchiorre Missirini nome caro alle muse per molte edite ed inedite produzioni poetiche e letterarie, ma sopra ogni altro commendato per Ï' aureo volgarizzamento di Q. Settano, pel quale ogni amatore della gloria italiana fa voti, onde presto sia tratto dalla polvere ove giace, e sia reso di pubblico diritto. Egli però a più generoso e magnanimo volo drizzando le penne, non si è contentato di arrestarsi su qualcuna delle tante famose opere di quello scultore come i suoi emuli avean fatto, ma

Giove, opera antica.

Sorger veggio il Cretèo Giove possente,
Ammirabil lavor dell' arte Achea,
Non quando irato il fulmine rovente
Vibra, o giura la negra onda Letea;
D'ogni grave pensier scarco la mente
Piove dolce dal crine aura Sabea,
E pien d'autica gioventù ridente
Solo ambrosia immortale il cor gli bea!
Tal con sereno imperial decoro

Dell' Olimpo alle mense a Giuno accanto
Di se rallegra de' Celesti il Coro,

E armonioso adulatore intanto

Apollo Patereo sull' a pa d'oro

De' conquisi Titani instaura il canto.

Ninfea con una conchiglia da bagno, opera antica.

Ninfea gentil, che pari alla vermiglia
R.dente posa di Titone annoso
Dalle eterne eccellenze il belio piglia
Del corpo intemerato e rugiaioso,
Umil si porge, e dalle caste ciglia

Par che diffonda uno spirto amoroso,
Si che il mondo n'è pien di meraviglia,
E ogni bennato cor ne va pensoso:
Un labbro reca d'immortal tèstura,
Che forse il bagno fia di Citerea
Sparso di quanti odor nutre natura;
Ma in qual lavacro mai, leggiadra Dea,
Tergi le membra tu, che sei più pura
Che l'onda della tua conca eritrea?

animato di un costante e sempre eguale ardore, ha voluto di ciascuna favellare. Come egli abbia adempiuto a sì diffi cile incarco, di quante bellezze poetiche abbia fregiata questa sua opera non è a dirsi.

Non si può senza esser commossi da alto stupore e senza sentirsi infiammare il cuore di amor patrio, leggere i liberi sensi con che il sig. Missirini, con labbro veramente italiano, favellando della statua della Concordia, espone le cagioni che Italia tengon partita

Stolida gara di pugnaci brame,

E feconde di colpe inique parti,
E alle pubbliche cose le private
Pur sempre avverse, e variar frequente

Cibele lunata, opera antica.

Siede turrita il crin per arte achea,
E di operosa Clamide regale
Velata il capo, e l'omero immortale
La maestà della gran madre Idea:
Cinta di Frigio vel così solea

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Sulle cime del Dindimo vocale
L'Orgie destar coi Sistri Assirj, e tale
Di Pessinunte sugli altar sedea:
Saggia inventrice delle agresti avene,
Di Giove Dodonèo seme fecondo,
Opi, Rea, Berecinzia e Dindimène,

Ben è consiglio di pensier profondo,
Se doppio raggio in fronte ella sostiene,
Che per lei splende ogni grandezza al mondo!

Cleopatra giacente, opera antica.

La regal Donna delle Egizie sponde
Molta si posa sull'assirio letto,

E dolce inchina tra meste e gioconde
Le luci, cui dolor tempra e diletto.
Serico peplo con volubil onde

Cigne il bel corpo rugiadoso e schietto,
E scende insidioso, e parte asconde,
E parte scopre dell' eburneo petto :

Se cospersa di molli odor Sabei

Giacque con tal sembiante lusinghiero
Ne' menfitici aurati Conopei,

Che stupir se il triumviro guerriero,
Rotto a lussuria, per seguir costei
Cesse del mondo il contrastate impero?

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