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SONETTO IX.

Non ha più speranza di rivederla; e però si conforta coll' immaginarsela in Cielo.

S'An

Amor novo consiglio non n' apporta,
Per forza converrà che 'l viver cange:
Tanta paura e duol l'alma trista ange;
Che'l desir vive, e la speranza è morta:

Onde si sbigottisce, e si sconforta

Mia vita in tutto; e notte e giorno piange, in mar, che frange,

Stanca, senza governo,

E'n dubbia via senza fidata scorta.

Immaginata guida la conduce;

Che la vera è sotterra, anzi è nel Cielo,
Onde più che mai chiara al cor traluce,

Agli occhi no; ch' un doloroso velo
Contende lor la desiata luce,

E me fa sì per tempo cangiar pelo.

SONETTO. X.

Brama morir senza indugio, onde seguirla coll'anima, come fa col pensiero.

Nell'età sua più bella e più fiorită,

Quand' aver suol Amor in noi più forza,
Lasciando in terra la terreua scorza
È Laura mia vital da me partita;

E viva, e bella, e nuda al Ciel salita:
Indi mi signoreggia, indi mi sforza.
Deh perchè me del mio mortal non scorza
L'ultimo dì, ch'è primo all' altra vita?

Che come i miei pensier dietro a lei vanno;
Cosi leve, espedita, e lieta l'alma

La segua,
ed io sia fuor di tanto affanno.

Ciò, che s' indugia, è proprio per mio danno,
Per far me stesso a me più grave salma.
O che bel morir era oggi è terz' anno?

SONETTO XI.

Dovunque ei si trovi gli par di vederla, e quasi di sentirta parlare.

Se lamentar augelli, o verdi fronde

Mover soavemente a l'aura estiva,
O roco mormorar di lucid' onde
S'ode d'una fiorita e fresca riva;

Là 'v' io seggia, d'Amor pensoso, e scriva;
Lei, che 'l Ciel ne mostrò: terra n'asconde,
Veggio, ed odo, ed intendo: ch' ancor viva
Di sì lontano a' sospir miei risponde.

Deh perchè innanzi tempo ti consume?
Mi dice con pietate: a che pur versi
Degli occhi tristi un doloroso fiume?

Di me non pianger tu: che e' miei di fersi,
Morendo, eterni; e nell'eterno lume,

Quando mostrai di chiuder, gli occhi apersi.

SONETTO XII.

Rammenta in solitudine gli antichi suoi lacci d'Amore, e sprezza i novelli.

Mai

Lai non fu' in parte, ove si chiar vedessi Quel, che veder vorrei, poi ch'io nol vidi; Nè dove in tanta libertà mi stessi; N''mpiessi 'l ciel di si amorosi stridi:

Nè giammai vidi valle aver sì spessi
Luoghi da sospirar riposti e fidi;
Nè credo già, ch' Amor in Cipro avessi,
O in altra riva sì soavi nidi.

L'acque parlan d'Amore, e l'ora, e 1 rami,

E gli augelletti, e i pesci, e i fiori, e l'erba;
Tutti insieme pregando ch'i' sempr' ami.

Ma tu, ben nata, che dal Ciel mi chiami;
Per la memoria di tua morte acerba

Preghi, ch' i' sprezzi'l mondo, e suoi dolci ami.

SONETTO XIII.

Videla in Valchiusa sotto varie figure, ed in atto di compassione verso di lui.

Qu

uante fiate al mio dolce ricetto

Fuggendo altrui, e, s'esser può, me stesso, Vo, con gli occhi bagnando l'erba e'l petto; Rompendo co' sospir l'aere da presso:

Quante fiate sol, pien di sospetto,

Per luoghi ombrosi e foschi mi son messo
Cercando col pensier l'alto diletto,

Che Morte ha tolto; ond' io la chiamo spesso:

Or in forma di Ninfa, o d'altra Diva,

Che del più chiaro fondo di Sorga esca,

E pongasi a seder in su la riva ;

Or l'ho veduta su per l'erba fresca

Calcar i fior, com' una donna viva,

Mostrando in vista, che di me le 'ncresca.

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