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mangiava gl' interi. L'altra ragione, il perchè io ve gli recava a bocca aperta, tenendo per me e mangiando quelli della lagrima, è, perchè io conosco che le cose allegre vogliono esser de' signori, e le triste de' fanti. Io vi recava i fichi lieti, e che rideano di sì gran volontà con la bocca aperta, che se avessino avuto denti, tutti si sarebbeno annoverati; e per me mi toglieva li tristi di pianto, e lagrimosi, Dice il piovano: per certo tu m' hai renduto ragioni, che tu dei molto ben sapere il Rinforzato; e fra se medesimo godea di questa novella; ma pur non sì, che trovando da ivi a pochi dì, che 'l fante detto, allegando un testo del Codico, gli facea danno in cucina, lo mandò via; essendo rimaso il detto piovano molto più sperto e più cauto.

IL MERCANTE DI VENEZIA.

NOVELLA

Di GIOVANNI FIORENTINO così nominato da Firenze sua patria; tratta dal suo Novelliere intitolato il Pecorone. Fu notaro di professione, ed è uno degli scrittori di puro e terso stile. Nulla più sappiamo di lui, se non ch' egli fioriva circa il 1478. Questa Novella è l' originale del Merchant of Venice di Shakspear. Le parole in carattere italico sono alterazioni, che abbiamo creduto proprio di fare per cagion di decenza.

EGLI ebbe in Firenze in casa gli Scali un mercatante, il quale ebbe nome Bindo; il quale era stato più volte e alla Tana e in Alessandria, e in tutti que' gran viaggi che si fanno con le mercatanzie. Era questo Bindo assai ricco, e aveva tre figliuoli maschi grandi; e venendo a morte, chiamò il maggior e 'l mezzano, e fece in lor presenza testamento, e lasciò lor due eredi di ciò ch' egli aveva al mondo, e al minore non lasciò niente. Fatto ch' egli ebbe testamento, il figliuol minore, che aveva nome Giannetto, sentendo questo, andò a trovarlo al letto e gli disse: padre mio, io mi maraviglio forte di quello che voi avete fatto, a non esservi ricordato di me in su 'l testamento. Rispose il padre: Giannetto mio, e' non è creatura, a cui voglia meglio che a te, e però io non vo

glio che dopo la morte mia tu stia qui, anzi voglio, com' io son morto, che tu te ne vada a Vinegia a un tuo santolo, che ha nome messere Ansaldo, il quale non ha figliuolo nessuno, e hammi scritto più volte ch' io te gli mandi. E sotti dire ch' egli è il più ricco mercatante che sia oggi tra' Cristiani. E però voglio che come io son morto, tu te ne vada a lui, e gli porti questa lettera; e se tu saprai fare, tu rimarrai ricco uomo. Disse il figliuolo: padre mio, io sono apparecchiato a fare ciò che voi mi comandate; di che il padre gli diè la benedizione, e ivi a pochi dì si morì, e tutti i figliuoli ne fecero grandissimo lamento, e fecero al corpo quello onore che si gli conveniva. E poi ivi a pochi dì, questi due fratelli chiamarono Giannetto, e sì gli dissero: fratello nostro, egli è vero che nostro padre fece testamento, e lasciò eredi noi, e di te non fe veruna menzione; nondimeno tu se' pure nostro fratello, e per tanto a quell' ora manchi a te, che à noi, quello che c' è. Rispose Giannetto: fratelli miei, io vi ringrazio della vostra proferta; ma quanto a me, l' animo mio è d' andare a procacciare mia ventura in qualche parte; e così son fermo di fare, e voi v' abbiate l'eredità segnata e benedetta. Onde i fratelli veggendo la volontà sua, diedergli un cavallo e danari per le spese. Giannetto Giannetto prese commiato da loro, e andossene a Vinegia, e giunse al fondaco di messere Ansaldo, e diègli la lettera che il padre gli aveva dato innanzi che morisse. Per che messere Ansaldo leggendo questa let

tera, conobbe che costui era il figliuolo del suo carissimo Bindo; e come l' ebbe letta, di subito l'abbracciò, dicendo: ben venga il figliuoccio mio, il quale io ho tanto desiderato; e subito lo domandò di Bindo, dove Giannetto gli rispose ch' egli era morto; per ch' egli con molte lagrime l'abbracciò e basciò, e disse: ben mi duole la morte di Bindo, perch' egli m' aiutò guadagnare gran parte di quel ch' io ho; ma tanta è l'allegrezza ch' io ho ora di te, che mitiga quel dolore. E fecelo menare a casa, e comandò a' fattori suoi, e a' compagni, e a' scudieri e a' fanti, e quanti n' erano in casa, che Giannetto fosse ubidito e servito più che la sua persona. E prima a lui consegnò le chiavi di tutti i suoi contanti, e disse: figliuolo mio, ciò che c' è, spendi e vesti e calza oggi mai come ti piace, e metti tavola a' cittadini, e fatti conoscere; però ch' io lascio a te questo pensiero, e tanto meglio ti vorrò, quanto più ben ti farai volere. Per che Giannetto cominciò a usare co' gentiluomini di Vinegia, a fare corti, desinari, a donare, e vestir famigli e a comperare di buoni corsieri, e a giostrare e bagordare, come quel ch' era esperto e pratico, e magnanimo e cortese in ogni cosa; e ben sapeva fare onore e cortesia dove si conveniva, e sempre rendeva onore a messere Ansaldo, più che se fosse stato cento volte suo padre. E seppesi si saviamente mantenere con ogni maniera di gente, che quasi il comune di Vinegia gli voleva bene, veggendolo tanto savio e con tanta piacevolezza, e cortese oltre a misura;

di che le donne e gli uomini ne parevano innamorati, e messere Ansaldo non vedeva più oltre che lui, tanto gli piacevano i modi e le maniere sue. Nè si faceva quasi niuna festa in Vinegia, che 'l detto Giannetto non vi fosse invitato, tanto gli era voluto bene da ogni persona. Ora avvenne che due suoi cari compagni volsero andare in Alessandria con loro mercatanzie con due navi, com' erano usati di fare ogni anno; onde eglino il dissero a Giannetto, dicendo: tu devresti dilettarti del mare con noi, per vedere del mondo, e massimamente quel Damasco e quel paese di là. Rispose Giannetto: in buona fe ch' io verrei molto volentieri, se'l padre mio messere Ansaldo mi desse la parola. Disser costoro: noi faremo sì ch' e' te la darà, e sarà contento. E subito se n'andarono a messer Ansaldo, e dissero: noi vi vogliamo pregare, che vi piaccia di dare parola a Giannetto che ne venga in questa primavera con noi in Alessandria, e che gli forniate qualche legno o nave, acciò ch' egli vegga un poco del mondo. Disse messere Ansaldo: io son contento, se piace a lui. messere, egli è contento. saldo subito gli fe fornire una bellissima nave, e fella caricare di molta mercatanzia, e guernire di bandiere e d' armi quanto fe' mestiero. E dipoi ch' ella fu acconcia, messere Ansaldo comandò al padrone e a gli altri che erano al servizio della nave, che facessero ciò che Giannetto comandasse loro, e che fosse loro raccomandato; però ch' io non lo mando, diceva

Risposero costoro: Per che messer An

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