CAPITOLO HI. Convenienza di carattere nei personaggi del Poena: PET Er ultimo vegga il Lettore negli squarci della Divina Commedia che qui appresso andrò riportando, in qual modo conservi l'Alighieri a tutte le persone che nel são Poema introduce il carattere ad esse proprio, e faccia lor tenere quei discorsi che precisamente ad esse convengono. Nel canto terzo dell' Inferno, a cagion d'esempio, allorchè Caronte vede adunarsi sulla riva Acherontea una gran folla di dannati, nell'atto di prenderli entro la fatale sua barca, ad essi grida: Guai a voi, anime prave; 1. Non isperate mai veder lo Cielo : I' vegno per menarvi all'altra riva, Nelle tenebre eterne, in caldo, e in gielo E accorgendosi poi che Dante non era morto, e vivo chie deva di esser tragittato, fieramente gli dice: E tu, che sei costi anima viva Partiti da cotesti che son morti : Verrai a piaggia, non qui, per passare १ Or chi non scorge chiaramente in queste due apostrofi il mal umore, e la stizza di un demonio, e di un galeotto? Osserviamo in seguito quai discorsi faccia il Poeta tenere a quelle anime disperate; esse Cangiar colore, e dibattero i denti L'umana spezie, il luogo, il tempo e il seme Di Di lor semenza, e di lor nascimenti Ascoltiamo poscia quei demonj posti alla guardia della infocata Città di Dite, i quali eran . ... Più di mille in sulle porte. Da Ciel piovuti, che stizzosamente Indi soggiungeano a Virgilio, che facca segno di voler ad essi parlare: གིར་གྱི་ཚ Vien tu solo, e quei sen vada p Pruovi, se sa, che tu qui rimarrai, Vediam consecutivamente come quei diavoli dal Poeta detti Malebranche deridano un barattier Lucchese fitto nel lago di pece bollente, allorchè a lui van dicendo: Qui non ha luogo il Santo Volto (6); Qui si nuota altrimenti che nel Serchio; Però se tu non vuoi dei nostri grathi, Non far sovra la pegola soverchio. Certamente se i diavoli parlassero, parlar non potrebbero ́che in questo modo stizzoso derisorio insultante ed arrabbiato. E seguitando ad osservare come i caratteri delle per ́sone dall' Alighieri introdotte nel suo Poema sienio sempre analoghi e convenienti alla natura di esse, esaminia-) mo in qual modo, nel canto XXIV. dell'Inferno il ladra e furioso Vanni Fucci, colto dal Poeta nella bolgia dei ladri, e sentendosi rimproverar da esso i suoi delitti, b) yuol ofTR:,343,9 བ་ D CORY (6) Cioè non è plù tempo di raccomandarsi al santo Volto reli quia che i Lucchesi pretendono di possedere e cui sono attaccatissimi, vuolsi di lui vendicare, predicendogli la rotta che il partito Bianco di Pistoja ebbé presso Campo Piceno (7), la quale portò in seguito la ruina della parte Bianca di Fi renze, e l'esilio di Dante, cui quel ladro dice: Ma perchè di tal vista tur non godi, Se mai sarai fuor dei luoghi bui, Quindi narra il Poeta in quella curiosa terzina, che da principio all' altro canto, ciò che questo furibondo fece dopo aver ad esso cantata la sua mala ventura: Al fine delle sue parole il ladro Le mani alzò con ambedue le fiche, Gridando togli Dio, che a te le squadro Ed ecco come da quel discorso, e da questi atti si scorge il vero carattere di un disperato e furioso malfattore. Osserviamo ancora da un altra parte con quanta fierezza, e dignità si esprima il gran Farinata degli Uberti il quale appena è da Virgilio veduto, che questi al Poeta dice: 9 Vol (7) Allude il Poeta in questo luogo alla disfatta che il Marchese Marcello Malaspina, alla testa del partito Nero di Pistoja, diede al partito Bianco di quella Città, nel luogo detto Campo Piceno; disfatta di cui accennat e sonosi le conseguenze relativamente a Firenze, e alla persona stessa dell' Alighieri. Volgiti, che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto Non gliel celai, ma tutto glielo apersi, 4 t >A me, a miei primi ed a mia parte; Nè da ammirarsi è meno quanto nobilmente il Poeta. dipinga il carattere superbo ed altiero di Capaneo, e qual superbo altiero e spregiante discorso téner gli faccia. Ei comincia dal dimandar as Virgilio: ཚ་ -Chi è quel grandes, che non par che curi StoreLonincendio e giace dispettoso e torto, maturi? Tit Sicchè la pioggia non par che E quel medesmo, che si fue accorto Ch'i' dimandava il mio duca di lui, Gridò: qual' i' fui vivo, tal son morto. O s'egli stanchi gli altri a muta à muta, Siccome ei fece alla pugna di Flegra, Non ne potrebbe aver vendetta allegra A tutti questi esempj, che altamente provano quanto Alighieri conservi la verità e la convenienza dei ca ratteri nella sua Divina Commedia, ne aggiungerò solamente un altro, quello cioè del modo dignitoso e severo col quale ei fa parlar Catone Uticense nel canto I. del Purgatorio; sebben assai inopportunamente, checchè ne dica il Mazzoni come custode di quel luogo, di pene ei l'introduca: nè sarà forse discaro al Lettore di scorger prima con quai luminosi e veraci tratti dipinga il Poeta quel sommo Romano incontratosi nel quale egli così si esprime: 6 Vidi presso di me un veglio solo, Fregiavan sì la sua faccia di lume; Che io 'l vedea come il sol fosse davante. Diss' ei, movendo quell' oneste piume, Che sempre nera fa la valle inferna? O è mutato in Ciel nuovo consiglio, E qui rilevar giova eziandio quanto grandioso e sublime sia quel pensiero di far rifulgere sull' onora ta fronte del |