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ingannatore, è avuto in sospetto, però da molti fuggito, e così privo dei vantaggi che l'un 'uomo può all' altro recare; e da molti anche per timore spontaneamente offeso.

Egli è dunque come un certo patrimonio anche la buona ripufazione; diversa dall'onore, come sono le cose picciole dalle grandi, le comuni dalle rare, le ordinarie dalle straordinarie; ma però più universale, più usuale, più necessaria, ec.

(f) Dopo finito l'esame analitico della società civile, raccorgliene in compendio i vantaggi: poi mostrare quello che vi inanca: poi indicare quanto vi potrebbe aggiungere di buono una religione: quindi mostrare come tutto ciò adempie la religione cristiana colla sua morale. Provato che la morale cristiana sia la migliore per la felicità temporale d'ogni governo, ripigliando il discorso in generale, mostrare la necessità politica che una religione ha di un culto esteriore.

Le leggi civili possono rimediare i mali che nascono dalle forze degli uomini: la religione cerca di guarire il male nella sua origine.

la sola religione cristiana ha detto non concupisces liges Deum diliges proximum.

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La Gallia, secondo Cesare, è fertile e ricca più della Germania. i Galli sono di grande corporatura, di animo schietto, forti, industriosi, volubili, temerari. La religione è in mano dei Druidi, razza di Preti ricchi e potenti, che giudicano di tutte le sacre e civili cose. La scomunica è un' arma loro terribile. Hanno anch'essi un capo; si elegge a voti, ma decide per lo più l'ambizione, e qualche volta la forza. I loro Dii sono avidi di sangue umano; si ammazzano i rei, e se non ve ne sono, si scannano gl' innocenti. Per altro la professione dei Druidi è un mestier comodo, e la gioventù vi corre in folla.

I Germani non hanno l'imbarazzo nè di Preti nè di sacrifizj. i loro dii sono il Sole, Vulcano, e la Luna; perchè da questi ricevono del bene: degli altri ignorano persino i nomi. i magistrati danno varii provvedimenti perchè niuno si affezioni all'agricoltura: l'unico mestiere è la guerra: il cibo, latticinii, e cacciagione. in mezzo alla nudità, e ai bagni promiscui dei due sessi, è ammirabile la continenza dei giovani, che non toccan femina prima dei 20 anni.

PRIMA ESERCITAZIONE SCOLASTICA

D'UN IGNORANTE

SOPRA UN EPITALAMIO

D'UN POETA CROSTOLIO.

PER LE BEN AUGURATE RAGGUARDEVOLI NOZZE DI MADDALENA

MARLIANI CON PAOLO BIGNAMI.

Ode alla sposa.

Luce han da Giove i Vati. Io vidi un giorno,

Ebro il sen delle sacre aure che spira
L'autunnal tuo Soggiorno,

D'Amor narrando ignoti ardui portenti,
Sì, vidi il tuo bel fato, e allor mia Lira
Sonò d'arcani accenti.

Quivi ogni fonte, e il chiuso antro da' mirti
Fer eco, e il bosco al mio carme si scosse,
Fin tra i beati Spirti,

Cui pose il PADRE tuo Tempietto augusto,
Chiaro esultando il tuo Parin, commosse
Quivi il marmoreo Busto.

Ingenui modi, altero sguardo e lento,
Grazia natía, d'arte e d'incanti ignara,
Che amoroso tormento

Era estranio al tuo cor, feanmi già fede,
Ma il primo foco in te potrian dall' Ara
Destar d' Imen le tede.

Ecco a illibate soglie, a cui le gravi
Arche ricolma ogn' anno il corso ardito
Di Ligustiche navi,

Segui oggi Amante, e Sposa un Giovinetto,
Che già crescea sul mio Crostolio lito,
Degno a' tuoi voli obbietto.

Teco Ei sia pago. Ah, se i paterni esempli
Sempre del ciel fur voce, e augurio a' figli,
Il Suocero contempli,

Cui la stessa educò Febea Palestra ;

Deh lui per senno, e per la fe' somigli,
Di mutuo ardor maestra,

Sia che ne' dolci lumi ella stia fisa

D' AMALIA, onor dell' alme Donne Insubri;
Ovver socia indivisa

Di nova prole al sen casto or compiaccia ;
O inscriva al NOME suo Ville, o Delubri,
Al vago Eupili in faccia.

Pronubo scese dal Materno Ostello

Delle virtù domestiche, in un coro

Teco, il miglior drappello.

Tutte il Pudor, velato i rai, precorre :

Tien Prudenza lo speglio in mezzo a loro,
Col Ver che i fregi abborre:

Costanza al nodo adamantino intreccia

Amaranto immortal, pria tolto al Tempio:
Scuote Amor l'aurea freccia ;

No il fero Nume, che la man, tradita

Da Giason, volse a nuove nozze, e a scempio
Di prole invan nudrita.

Il Nume egli è, che su le tele industri

Di Penelope il cor securo e fermo

Resse ben quattro lustri ;

Que' che sacrò la Tessala consorte,

Pe' di d' Admeto ostia votiva e schermo,

Ne' suoi verd' anni a Morte.

D' omei funèbri, e di femminee strida
L'alto consiglio empiè gli atrj e le sale:
Imperturbata e fida

Alcesti udía, nè scolorossi, e solo
L' Are scorrea della Magion fatale,
Mirti sfrondando al suolo.

Poi sul talamo, omai vedovo, prona
Cadendo, ridicea come a lui cesse
La verginal sua zona.

Spesso accogliea l' un figlio, o l'altro in grembo:
Folli ahi! si contendean baci e promesse,

Del vel stringendo il lembo.

Gli occhi in fin gravi della stigia notte,
Dal sol torcendo al salvo Sposo: or vedi
Qual fe', qual zelo ha rotte,

Disse, le avvinte in sì beati auspici
Nostre catene; il premio abbiti, e cedi
Meco agl' Iddii nemici.

Ma se non pari, almen rendimi un degno
Cambio del voto; agli orfanelli infanti
Resti in mia casa il Regno,

Nè voler mai, tu buon marito e padre,
Che lor sovvenga, a una matrigna innanti,
Qual fosse amor di madre.

Giuralo adempi indi al pio rito, e vivi;
E voi, dolce finor delizia e speme,
Nè al tutto or di me privi,

Miei figli, addio; l' inesorabil Pluto
Me dall' aer seren divide, e preme
Al suol di luce muto.

Apollo intanto il forte Erculeo braccio
Alla Regia ospital condotto avea,
Che al maritale abbraccio

L'estinta donna ricongiunger valse,
Tolta di mano alla vorace Dea,

Cui su la tomba assalse.

Di L. R. 1

Della Soc. Ital. delle Scienze, delle Accademie Naz. della Virgiliana, ec.

1 Di questo Luigi Rossi vedi Epistolario tom. 1.o pag. 20.

Al dottissimo e cortesissimo 'signore Luigi Rossi ispettor generalissimo della publica istruzione l'umilissimo servo Pietro Giordani ignorante. Marzo 1805.

Catene in premio abbiti.

L. R. Verso 71.

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Ετι και εκ των παροντων ελπιδα χρη εχειν ηδη τινες και κ των δεινοτέρων η τοιωνδς εσώθησαν. μηδε καταμέμψασθαι υμας αγαν αυτους μητε ταις ξυμφοραίς, μήτε ταις παρα την αξίαν νυν κακοπαθείαις η μεν ελπις όμως θαρσεία του μελλοντος αι δε ξυμφοραί ου κατ' αξίαν δη φοβουσι ταχα δ' αν λωρέσειαν και αλλοι γαρ που ανθρώπεια δράσαντες, ανεκτα επαθον και ημας εικος νυν τατε απο του θεου ελπίζει» ηπιώτερα εξειν οικτου γαρ απ' αυτών αξιώτεροι ηδη εσμεν η φθονου 4. Queste parole diceva un Capitano Ateniese sconfitto e fuggitivo e ammalato al suo esercito, che gli era nella fuga e nella infermità compagno, ελπιδα κρη έχειν 2, lo dico io per somigliante a me e a voi, signor Rossi; non bisogna mai disperare: perchè, come dice Simonide v εν ανθρώποισι μένει χρημ' εμπεδον αιει. Παρεσι γαρ ελπις

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1 Parole di Nicia presso Tucidide, lib. VII, c. 77. - Anche nelle circostanze presenti convien serbare speranza; poichè altri usciron già salvi da peggiori di queste. Non dovete altresì rimproverar più che tanto voi stessi nè delle avversità nè degli affanni che ora vi premono indegnamente .... La mia speranza del futuro è animosa, nè le sventure devono spaventarne, poichè potrebbero anche prestamente cessare. Già altri avendo come uomini errato ne pagarono il fio con sopportabili pene: ed a noi pure conviene sperare che la Divinità sia per trattarci più mitemente, poichè già possiamo esserle oggetto di compassione assai più che d' invidia. (Ε)

2 Convien serbare speranza. (Ε)

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