網頁圖片
PDF
ePub 版

FRAMMENTI DI STUDI FILOSOFICI GIOVANILI. A

§ 120. Quei movimenti dell'anima più gagliardi che si chiamano affetti o passioni, nascono o sono piuttosto accompagnati da organici movimenti al cuore: onde non molto esattamente si è detto da molti il cuore essere la sede degli affetti: al contrario i movimenti, ossia le mutazioni di esistenza nell'anima che si fanno per l'azione dello intendere vengono dai movimenti del cerebro; che però si è chiamato sede de' pensieri, o dello intelletto, e delle altre facoltà di questo genere, come memoria, raziocinio ec.

Ma volendo più esattamente parlare, direbbesi: non essere l'ammirazione un affetto, perchè a questa mutazione di stato nell'anima non corrisponde un moto del cuore, ma del cerebro;

1 Si ignora il tempo e l'occasione di questi frammenti; de'quali anco sospetterei perduta o molto addietro distratta buona parte. Solo per affermazione dell'autore sappiamo che li scrisse per ubbidienza e per dorere; e, a quanto sembra, pel suo maestro di filosofia ed amico abate Santi a proposito di un discorso forse da leggersi in solennità per fine d'anno scolastico. Viene in essi il Giordani, ora notando, ora correggendo, ora facendo di nuovo, ora aggiustando il già fatto ma ritiene le dottrine e massime generali dello scrittore che esamina; e nella persona di lui va ragionando.

Chi guarda alla franchezza e bontà del dettato nel più di questi scritti (e sono bozze!) non che alla profondità delle speculazioni e dei discorsi in materia di filosofia morale, fisica e metafisica, li crederebbe non di giovane o tuttavia scolare o appena uscito dalle scuole, bensì di pensatore maturo e di provetto artista. Eppure assai circostanze concorrono a persuaderli composti prima del 1797. Dal che emergerebbe il Giordani essere stato grande nel sapere e nell' arte fin dai principii: quindi il maneggio delle cose civili, e il carteggiare di negozi politici e amministrativi nelle Prefetture ai primi tempi francesi, avergli macchiato di al cuna impurità gallica i dettato: ma di queste essersi tostamente rimondo; e mostratosi scrittore completo appena che, abbandonata la politica, riabbracciò le lettere, e diede opera alla restaurazione dello scrivere italiano (E).

lasciando la comune, e non troppo giusta espressione di sede ec. Proverommi in qualche maniera di esporre questo concetto con parole latine. Quomodo autem admiratio in qua boni malique, sive appetitus aversationisque nulla ratio est; quæque non cordis sanguinisque motu (ut in adfectibus quibuscumque assolet) percellit animum; sed cerebri, quo rerum imagines deferuntur quasi inopina motione in mente excitatur ec. chè se questo periodo paresse troppo implicato, lo rivolgerei così: Atqui admiratio nec ullam habet boni malique, sive appetitus aversationisque rationem; neque cordis sanguinisque motu (ut adfectibus quibuscumque assolet) percellit arimum; sed cerebri, quo rerum imagines deferuntur, motione quasi inopinà in mente excitatur. Prætera habitus corporis immutari varie et vehe«menter adfectibus solet; admirationis autem vix nulla est in «ore hominis nota; non alia quidem quam intentius considerantis cogitantisve aliquid: ut cognoscas, non exagitatum et plurima « conantem animum, sed tantum non vacuum aut somniculosum; quin vigilem et occupatum. » Itaque quomodo inter adfectiones a Cartesio numeretur haud satis intelligo.

a

[ocr errors]

a

§ 121. Quia amamus. direi

=

quia nosmetipsos amamus.

S 122. Aristippi sordidum philosophorum genus: mi fa spezie genus philosophorum Aristippi. non so se si potesse dire: Aristippi sordidum philosophandi genus.

S 123. existunt desideria, animique conatus; quibus . corporis etiam partes respondent. Quel partes non mi pare proporzionevole al resto: direi: corporis etiam vires, o motus; o corporis etiam partium vires, motusque: poichè le forze e i moti del corpo sono veramente paralelle ai desiderii, e moti dell'animo; non così i membri del corpo.

Annotazione al § 123. Nascemmo privi d'ogni idea: tutto c'insegnò la sperienza nostra; o l'altrui a noi communicata nel progresso della educazione. Ma chi c'insegnò, come imparammo a volere in ogni maniera conservare noi stessi? chi lo insegnò alle bestie? La sperienza c'insegna quali cose giovano quali nuocciono alla nostra conservazione; questo è vero; ma dove si apprendono a voler fare queste esperienze, a voler cercare, tentare, provare ogni cosa che sotto i sensi ci cada, appunto per conservarci ? questa propensione, o istinto, ossia mecanica configurazione e disposizione degli organi, o sia primitiva ed original modificazione dell'anima, questo vien certo immediatamente dalla natura. Tutta la serie

delle umane operazioni nasce dai bisogni: questi muovono l'anima, e la determinano a muovere il corpo; per fuggire il dolore che è principio di distruzione. ma l'avversion del dolore è nata coll'anima, poichè è nata prima d'ogni altra cosa: altrimenti perchè vorrebbe l'anima fuggire il dolore? Dunque dai bisogni nascono i desiderii; dai desiderii i movimenti del corpo; da questi nasce il piacere, o il dolore: questi (per l'associazion delle idee, che produce la memoria, e la imaginazione) servon di norma nel rinnovare le esperienze; e secondo questa regola per la facoltà del ragionare si cerca, o si fugge; cioè si ama o si odia. (a: pag. 62) Hinc nostri ipsorum amor voluptate excitatus augescit in dies, ec. Non parmi che cresca l'amore di noi, o della nostra conservazione; ma che per le moltiplici sperienze crescano, o sia si moltiplichino gli oggetti dell'amore e dell'odio. E perchè è varia la distanza degli oggetti che sono cagione del piacere o del dolore; sono varii i gradi di difficoltà di ottenere o fuggire questi oggetti: da queste varietà, ora per sè, ora prese insieme, nasce la varietà, e i varii nomi delle passioni.

Ea est siquidem hominis natura, ut etc.

La natura dell'uomo è tale che senza il proporzionato concorso di cause esteriori patirebbe discioglimento. Perciò Dio ha inserito nell'uomo (anzi in tutti gli animali) una certa tendenza alla propria conservazione; la quale (se non m'inganno) consiste in una certa disposizione a concepire del moto. Ma ci vuole un principio e una cagione del moto: ciò sono i bisogni. Così chiamiamo una sensazione dolorosa: quand' anche questa non nascesse dall'azione dei corpi esteriori sugli organi del corpo umano, ne troverebbe una recondita cagione in quegli interni principii che producono la fame, la sete ec. Dunque o dall'azione dei corpi esteriori, o dagl'interni necessari movimenti della macchina, viene con doloroso sentimento svegliata l'anima, e obligata a muovere in determinati modi il corpo: si muove il corpo per l'applicazione dei corpi esteriori ai nostri organi: donde nasce o piacere, o dolore. Dopo varie sperienze nasce l'associazione delle idee; e questa produce la memoria; onde il piacere e il dolore serve di norma nel rinovare le sperienze: e secondo questa norma si cerca, o si fugge: cioè si ama o si odia. Ma la memoria cresciuta ed arricchita genera e nutre la imaginazione. Questa è la madre delle passioni. Poichè gli oggetti che sono cagione di piacere, e di dolore, sono or più or meno distanti; o producono varii gradi di piacere o di dolore: varii sono i mezzi, varii i gradi di difficoltà nell'ottenere o fuggire questi oggetti. la misura di queste varietà è nella imaginazione; e da queste varietà ora prese per sè, ora tutt' in,

sieme, nascono le varie passioni. Perchè se l'oggetto di piacere è presente, nasce la letizia; se il piacere è vivissimo, nasce il gaudio: se l'oggetto del piacere è futuro, ma vicino, e facile da ottenersi, nasce la speranza: se l'oggetto del piacere è lontano, ma facile ad aversi, nasce desiderio; se è lontano, o pur anche vicino, ed insieme impossibile ad aversi, nasce disperazione, ec. ec.: ma perchè questi esempi sono già stati detti di sopra dove si è discorso che tutte le passioni nascono dall'amore, lascerei di ripeterli. Non è però ripetizione l'aver mostrato (poichè di sopra solo si accennò come opinione di S. Agostino) come nascano dall'amore della propria conservazione. Metterei dunque in latino questi concetti, cominciando: Ea est siquidem hominis natura, ec. con quell'ordine che ho notato: ma perchè la notte è tardissima; e io stanco, non mi ci proverò altrimenti. piuttosto seguirò leggendo e notando ancora qualche cosa.

Le passioni sono principio di varietà nelle operazioni umane, e variano esse pure in infinito. La natura delle percezioni, la distanza degli obietti, il temperamento, il clima, i pregiudizi, l'inviluppo delle passioni, sono fra moltissime le principali cagioni di queste varietà.

Le percezioni particolari eccitano nell'animo più gagliardi moti che le generali. Le idee distinte e singolari della preda commuovono i soldati più che l'idea generale della vittoria.

«

Sarebbe mai perchè le idee particolari ci avvicinassero più all' obietto, e le generali ce lo mostrassero come in lonta"nanza ? »

[ocr errors]

In fatti la distanza degli obietti altera le passioni. La distanza di luogo ne sminuisce meno la forza, che la distanza di tempo. La distanza di luogo può ritardare il mio corpo, non la mia imaginazione. la distanza di luogo potrà sminuirmi, e forse togliermi la speranza; e quindi il desiderio e la passione: ma se non nuoce alla speranza, io posso nella mia fantasia raccorciarla in infinito, e ridurla al niente, e così farmi presente all'obietto.

La ragione è che ai punti della linea di distanza locale, non corrispondono altrettante idee; ma in numero minore, o forse niente. Quindi la distanza in mente mia può ridursi ad un punto. Ma la cosa va molto diversamente nella distanza di tempo: e anche in questa vi è gran differenza tra la distanza del futuro e quella del passato. Quella può meno, e questa più nel ritardare gli impeti della passione. per esempio la memoria di un' ingiuria (pari le cose) sarà meno acre nell' eccitarmi alla vendetta, che il timore di riceverla nel muovermi a prevenire l'avversario. e la ragione è che anche in tempi astronomicamente eguali, io sono più lontano dal passato, che dal futuro; perchè la imaginazione scorre più presto a questo che a quello. E di fatti dal tempo presente, sino a quel passato che io voglio considerare, è scorsa una catena non interrotta di sensazioni e di idee, per mezzo della quale io debbo necessariamente passare per giungere a quell'estremo. e quantunque non sia sempre necessario toccare tutti i punti intermedj, egli è però certo che non posso mai fare del momento presente e di quel passato un punto solo. all'incontro dal momento presente al futuro la distanza (parlando metafisicamente) è indeterminata; non avendovi alcuna misura fissa com'è una serie di idee. nessuna idea intermedia (per lo più) mi ferma, e io, volendo, ricongiungo spesso, o almeno approssimo infinitamente i due momenti. Osservo a questo proposito che i piaceri goduti all'improvviso sogliono per lo più lasciare maggiore letizia, che • i bramati lungamente. Intendo per letizia quella quasi continuazione di piacere dopo il piacere stesso, quel risentimento, quel calore del piacere che resta dopo il piacere. Sarebbe mai questo una conferma della mia opinione? e di fatto mi pare che bramando vivissimamente il piacere io in certa guisa lo preoccupi facendolo come presente, e lo goda quasi prima di goderlo: cioè l'idea prevenga in certa maniera la sensazione. E che io possa sentire il piacere senza che il mio corpo riceva quelle tali impressioni ne sono una prova i fantasmi notturni. la fantasia non è mai meno impedita, e perciò più attiva che nei sogni ma anche fuor di sogno ella può concepire dei gradi di calore straordinarj. il desiderio vivissimo mi fa impaziente, l'impazienza mi fa presente al futuro, e mi par di godere e godo. arriva il vero movimento; e allora si finisce l'illusione; e perchè? perchè è finito il desiderio. appunto come chi sogna finisce di godere quando una vera sensazione lo sveglia. Sopra tutto il temperamento altera le passioni. Dall' organica costituzione dipende la maniera di sentire; da questa la maniera di percepire, di giudicare, di volere. La fantasia non dipende

[ocr errors]

a

[ocr errors]

"

[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]
« 上一頁繼續 »